Lutto e Depressione


Il lutto, o meglio la reazione al lutto, è uno stato emotivo-affettivo fisiologico dell’individuo, innescato da eventi come la perdita di una persona cara: innanzitutto la morte, ma anche abbandono, separazione, divorzio, trasferimento ecc.

Ogni situazione che implichi una ristrutturazione del rapporto con una persona o con un oggetto o un luogo (ad esempio casa, città ecc) può comportare una reazione di lutto.

 

Elaborazione del lutto - Il modo di affrontare il lutto dipende da diversi fattori: le risorse psicologiche dell’individuo, in particolare il modo di affrontare eventi stressanti (strategie di coping), le risorse ambientali, come il poter contare sul sostegno psicologico di familiari e amici, il contesto sociale e culturale in cui vive.

Secondo l'antica teoria di Freud l’elaborazione di un lutto o di una separazione (perdita di un oggetto amato) prevede che ci sia un disinvestimento libidico da tutte le rappresentazioni interne di tale oggetto in seguito all’esame di realtà, e ciò può consentire l’investimento su nuovi oggetti esterni. Detto in termini più attuali l'individuo smette di rivolgere una parte significativa della propria affettività all'oggetto scomparso per rivolgerla a persone esistenti. 

Tuttavia, disse Freud, durante questo processo può verificarsi un'identificazione dell’Io con l’oggetto perduto ed un conseguente investimento narcisistico temporaneo: l’individuo si identifica con l’oggetto perduto e si innesca una reazione depressiva molto potente. Spesso questa identificazione si associa anche ad un rafforzamento della pulsione aggressiva, diretta contro l’Io: in questo caso subentrano rabbia e sensi di colpa verso se stessi.

 

Secondo Bowlby le reazioni depressive conseguenti ad un lutto sono caratteristiche della vita “normale”.

Il pattern tipico di reazione alla perdita di un oggetto amato prevede tre fasi:

1° fase: è quella di PROTESTA, caratterizzata da angoscia e collera: lo scopo è cercare di riconquistare l’oggetto;

2° fase: è quella di DISPERAZIONE, in cui dopo lo sfogo rabbioso della fase precedente, l’individuo prova forti sentimenti depressivi e di impotenza, con una disorganizzazione degli schemi cognitivo-comportamentali della relazione con l’oggetto;

3° fase: è la fase del DISTACCO, caratterizzata da una riorganizzazione degli schemi in funzione dell’accettazione della perdita.

 

Lutto e Depressione - Nella reazione al  Lutt, l’individuo presenta tratti tipici di un Episodio Depressivo Maggiore, come descritto dal DSM (manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi mentali).

In genere l’individuo in lutto considera “normali”, rispetto all’evento, i sintomi che prova: umore depresso, rabbia, sensi di colpa, disperazione e impotenza, e non necessariamente sente la necessità dell’aiuto di un professionista che potrebbe alleviare almeno i sintomi associati, come l'insonnia o l'anoressia.

Bisogna anche considerare che la durata e l'espressione del lutto “normale” variano notevolmente tra le diverse culture; dunque va indagata l’espressione del lutto tipica della cultura di provenienza del disturbo, per verificare la presenza di eventuali aspetti atipici.

La diagnosi di Episodio Depressivo Maggiore prevede che i sintomi durino più di 2 mesi dopo la perdita.

Inoltre ci sono dei sintomi che non sono caratteristici di una reazione “normale” di lutto, ma più tipici dell’Episodio Depressivo Maggiore. Tali sintomi sono i seguenti:

1) sensi di colpa riguardanti cose diverse dalle azioni fatte dall’individuo verso la persona perduta.

2) pensieri di morte diversi ad esempio dal pensiero dell’individuo che sarebbe meglio essere morto al posto della persona perduta.

3) pensieri ricorrenti sulla propria inutilità al mondo.

4) rallentamento psicomotorio (eloquio, pensiero, attività fisica diminuiti)

5) forte compromissione del funzionamento globale dell’individuo.

6) sintomi psicotici, ad esempio allucinazioni diverse dall’avere la sensazione di udire la voce o di vedere le persona perduta.

 

E’ sempre possibile tuttavia che la perdita rappresenti soltanto un fattore scatenante, che sia in grado di scatenare e rendere manifesto un disturbo che l’individuo aveva in forma latente, cioè non manifesta.

Questa forma latente può essere considerata una sorta di predisposizione, avente componenti anche genetiche, che per manifestarsi necessita di un fattore ambientale scatenante, intendendo per fattore ambientale non solo la perdita in sé ma un precipitato di esperienze psicologiche, sociali, culturali ecc che concorrono al manifestarsi della malattia.